giovedì 3 novembre 2011

Alleanza-Conoscenza-Rispetto

Non un orto urbano, non un parco, non un giardino ma un santuario destinato alla coltivazione delle specie protette in uno “spazio indeciso” della città, in modo da rendere lo spazio stesso tutelato e, quindi, inedificabile. Questo l’obiettivo, suggestivo e provocatorio, proposto dal collettivo CAE.
Suggestivo, ma di difficile applicazione: le specie vegetali tutelate in Piemonte appartengono quasi tutte ad habitat montani e/o ad habitat con condizioni ecologiche molto peculiari e quindi mal si adatterebbero ad un ambiente urbano di pianura. Inoltre, la messa a dimora di piante, ancorché protette, non determina ipso facto, alla luce della legislazione vigente, la tutela dell’area interessata.
Come poter instaurare, quindi, un’alleanza tra uomo e piante? La conoscenza delle diverse specie, e quindi il loro rispetto, potrebbe essere un buon punto di partenza.
Le piante, come tutti gli esseri viventi, mirano alla riproduzione e quindi alla trasmissione del proprio patrimonio genetico. L’uomo finché ha avuto una chiara consapevolezza dei benefici che si potevano ottenere dalle piante ha contribuito alla loro tutela e moltiplicazione.
Alcune specie hanno proprietà medicinali, altre sono aromatiche, alcune commestibili, altre sono piante tessili, vi sono specie che forniscono coloranti ed altre importanti materiali da costruzione, molte piante ci suscitano “semplicemente” emozioni estetiche; e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. Ma le sostanze naturali sono state man mano soppiantate da quelle artificiali e così ci si è dimenticati del possibile impiego di molte specie; chi si ricorda che l’ortica (Urtica dioica) è un’ottima pianta tessile o che il pastello (Isatis tinctoria) è stato così chiamato perché se ne ottiene un colorante che conferisce ai tessuti le più belle nuances di blu o che il principio attivo dell’aspirina è l’acido acetilsalicilico che, guarda un po’, è stato estratto in origine dai salici (Salix sp.pl.)? 
Così progressivamente l’aspetto estetico è divenuto il criterio preponderante nel giudicare le piante (e, a quanto pare, non solo loro). Un aneddoto può servire a comprendere meglio: al 3° Raduno nazionale di Guerrilla Gardening, dopo che avevo illustrato la mia personale visione sulle cosiddette erbacce, è stato presentato un progetto di giardino condiviso, diventato nel tempo un’importante collezione di Iris. “ Va tutto bene,”mi è stato detto, “ ma le erbacce sono erbacce e noi qui dobbiamo combattere costantemente per proteggere le nostre Iris, in particolare dall’attacco dell’artemisia annuale (Artemisia annua)”. Il genere artemisia è noto per le numerose specie dalle interessanti e diverse proprietà che le rendono utili per molteplici usi. Basti citare ad esempio l’assenzio (Artemisia absinthium) e le artemisie alpine quali il genepì (Artemisia genipì). Ma tra specie tanto interessanti, l’artemisia annuale (Artemisia annua) si distingue per la cattiva fama che l’accompagna quale infestante invasiva e pianta allergogena. Attente indagini scientifiche hanno individuato le ragioni della sua grande diffusione: una produzione media di circa centoventimila semi a pianta con massimi di ottocentomila; un’elevata germinabilità; la capacità dei semi di germinare con temperature comprese tra 5 °C e 30 °C e in un periodo che va dalla primavera all’autunno; una bassa richiesta di nutrienti che, se presenti, incrementano il numero di fiori per pianta.
Visto dalla parte di chi ama coltivare le Iris, il ragionamento di lotta senza quartiere all’artemisia annua non fa una grinza: nel momento in cui una pianta ci è utile (in questo caso per la bellezza
del fiore) e la curiamo e tuteliamo, le altre piante diventano delle erbacce infestanti, ospiti
fastidiose da eradicare.
Ma, colpo di scena, improvvisamente si riscoprono le proprietà terapeutiche della pianta: infatti, unica tra le artemisie, contiene l’artemisina, sostanza in grado di curare la malaria (che colpisce milioni di persone nei paesi a rischio) in modo più efficace ed economico rispetto ad altre
sostanze.
L’organizzazione Medici Senza Frontiere ha pertanto lanciato un appello per la coltivazione su larga scala di questa “erbaccia” ! A questo punto se, per assurdo, si fosse costretti per “a buttare giù dalla torre” una delle due specie, la scelta a favore dell’Iris non sarebbe così scontata.
Secondo il filosofo americano Ralph Waldo Emerson (1803 –1882), “A weed is a plant whose virtues have not yet been discovered”, ma forse bisognerebbe aggiungere o le cui virtù sono state dimenticate.
Ma vi sono piante a cui proprio non riusciamo ad attribuire nessuna virtù. E, qui, ci viene in
soccorso il concetto di ecosistema.
Semplicemente, ogni pianta ed ogni organismo è importante in quanto fa parte di un ecosistema cioè un sistema in cui tutti gli esseri sono in relazione tra loro e con le componenti abiotiche: se scompare una specie anche le altre ne risentono direttamente o indirettamente, in maniera più o mena marcata. Anni di didattica naturalistica hanno cercato di insegnare questo concetto quando veniva posta la domanda:  “Ma a cosa servono il pipistrello, l’aquila, il coccodrillo? Sono bestiacce inutili e/o dannose per l’uomo, da eliminare”. 
Oggigiorno la coscienza, e la conoscenza, delle relazioni che intercorrono tra gli animali hanno fatto grandi passi in avanti e queste domande sono sempre più rare.
In conclusione per stabilire una nuova alleanza con le piante, forse, bisognerebbe sospendere ogni giudizio e fare in modo che non venga più pronunciata la domanda: A cosa serve la gramigna?”



Daniele Fazio
Dottore Agronomo

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