lunedì 27 giugno 2011

L'uovo - di Davide Bartolomeo Salvemini

Ore 3:00
Laboratorio n. 21
Stadio n. 1
L’uovo si sta schiudendo. Il taglio si allarga come una bocca durante lo sbadiglio. Liquido rosso cola dalle sue labbra. Sgocciola. Il pavimento si colora. Le urla fanno a pugni con la stanza che le contiene.
Non piangere. Rilassati.
Lo squarcio si riempe. La creatura esce. Le ombre bianche lo tirano con forza verso la vita.
Fa caldo nel laboratorio.

La creatura è fuori. Urla la sua disperazione. Ruba il suo primo pugno d’ossigeno. Brucia la gola. Innaffia d’acido i polmoni.
Il dolore lo risveglia.
Morde il braccio che lo sostiene. Cade. La sua liscia pelle si colora di rosso. Si alza. Quattro piccole zampe lo sostengono. Cammina. Il suo passo: affaticato, irregolare. Due piccoli occhietti indagano la stanza. Piange. Le lacrime colano sul volto, disegnando sulle guance lunghi e torrenziali fiumi.
Le ombre bianche lo riprendono. Lo catturano. Lo portano all’uovo che lo stringe a se. È a casa. Niente può colpirlo. L’armatura lo difende dalla vita.

Ore 6:00
Laboratorio n. 21
Stadio n. 2
La temperatura della stanza è aumentata. Gocce di sudore scivolano sull’uovo.
La creatura è seduta in un angolo. Gli arti sono diventati lunghi, grossi. Una piccola inutile coda deforme spunta sotto il ventre. Non si muove.
La testa è invasa da lunghi peli neri che gli coprono il volto.
Ha smesso di piangere. Parla poco. Mugugna.
Guarda. Scruta. Il suo sguardo raschia l’aria. Vuole lasciare la stanza. Liberarsi dalle catene che lo inchiodano alla parete.
Urla. Ha fame.
La porta del laboratorio si apre. Una luce bianca si schianta sulla creatura che si piega su se stessa contorcendosi.
Le ombre bianche entrano. Le mani plastificate impugnano cibi strani. Tondi. Arancioni. Gialli. Verdi.
L’essere annusa l’aria. Si agita. Si alza. Due grosse zampe sostengono il suo corpo. Le altre due si lanciano verso i visitatori. Le catene si spezzano. Le ombre bianche si agitano per terra.
L’alieno scappa. Il fascio di luce nel laboratorio proietta la sua ombra.
Ore 9:00
Laboratorio n. 21
Stadio n. 3
Il termostato si è rotto. Sussurra la sua malattia nelle caldaie. Inizia a far freddo.
L’uovo si è frantumato, è diventato polvere sulla scopa.
L’alieno è nella stanza. Le ombre bianche l’hanno catturato di nuovo.
È una bestia. Ha ucciso una guardia, l’ha uccisa a morsi. Ora è sedato. Dorme.
Qualcosa in lui è cambiato. Ha subito una nuova trasformazione. La pelle si è spenta, sembra colorata con la cenere. Solchi profondi percorrono il suo corpo rinsecchito. Segni scavati nel legno.
Gli occhi sono stanchi, senza forza. Il suo sguardo percorre gli angoli della stanza cercando svogliatamente una nuova via di fuga.
Un osso bianco e nodoso lungo quanto la sua gamba gli spunta dalla mano. Si appoggia ad esso, incurvato per la schiena schiacciata dalla gravità.
Tossisce. Spruzzi di liquido rosso per terra. Si copre la bocca con le mani. Tremano.
Si stende per terra, sotto al lettino. Chiude gli occhi. Bisbiglia parole incomprensibili. Non si muove.
Ore 12:00
Laboratorio n. 21
Stadio n. 4
Si gela. Il termostato ha smesso di funzionare. Dalle prese d’aria del laboratorio piangono piccole stalattiti.
L’alieno è morto. Il suo petto non si muove più. Un liquido denso e bianco gli cola dalla bocca creando una lenta cascata che si frantuma sul pavimento. Le sue pupille sono sparite: guardano dentro, dentro la sua testa. La sua pelle sembra quella di un pollo appena cotto, si sfoglia al solo tocco. Sta cambiando colore: il grigio si trucca di viola.
Le ombre bianche entrano nel laboratorio. Stringono per le braccia e per le gambe la creatura. La tirano su come fosse un sacco di patate. La portano nell’inceneritore che si riempe del suo flaccido corpo. L’immondizia è trattata con più cortesia.
La finestrella della macchina si chiude. La temperatura si alza. Fiamme. Incandescenti. Mordono come belve la carne. Friggono i tendini, sciolgono gli occhi ciechi. L’alieno sparisce. Diventa polvere. Come il suo uovo.

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