lunedì 30 luglio 2012

Da CAMPO URBANO al campo aperto delle complessità dell’Arte Pubblica

Questa breve riflessione prende spunto da alcuni passaggi del comunicato/manifesto di CAMPO URBANO, una collezione dirompente di INTERVENTI ESTETICI NELLA DIMENSIONE COLLETTIVA URBANA, così recitava il suo sottotitolo, che il 21 settembre 1969 coinvolse il centro storico di Como e i suoi cittadini.
CAMPO URBANO con il coordinamento di Luciano Caramel, propose circa 40 interventi autoriali provenienti da discipline e forme espressive molto diverse, tra le quali quelle di Bruno Munari, Ugo La Pietra, Enrico Baj, Gianni Colombo, Gianni Pettena, Dadamaino e Ugo Mulas. Per molti quella giornata rappresenta per il nostro paese, e non solo, un riposizionamento di sguardo e di stato dell’Arte, l’origine di una consapevole presa d’atto di un Principio: 
[…] portare l’artista a diretto contatto con la collettività di un centro urbano, con gli spazi in cui essa quotidianamente vive, con le sue abitudini, le sue necessità. E ciò al di fuori di limiti pregiudiziali che ostacolino le possibilità dell’artista di realizzarsi in piena libertà e quindi con la maggiore potenzialità operativa e con gli esiti più fecondi. […] Non si è trattato della consueta commissione di un prodotto già determinato, ma invece dell’invito ad un impegno nella ricerca di un rapporto reale – e quindi vivo e non scontato – tra gli artisti, gli abitanti di una città e la città stessa. Ciò ha portato di conseguenza a porre gli artisti davanti a quesiti fondamentali che investono il senso stesso dell’arte ed il problema della sua funzione oggi: come, ad esempio, quello dei confini delle loro possibilità di risposta alle necessità della collettività; quello delle scelte opportune ad una presenza non marginale o solo decorativa nella società attuale; quello dell’opportunità di adottare soluzioni effimere o “permanenti”, radicali o parziali, eversive o riformistiche. […] saranno in relazione dialettica e talvolta anche in polemica. […] Sostanziale sarà la partecipazione della collettività[…] inevitabilmente coinvolta qualsiasi sarà la sua reazione, dagli interventi degli artisti.*



Pur nella loro ingenuità queste parole esercitano ancora un certo fascino, appaiono in parte condivisibili anche se percepiamo la distanza che separa, oggi, l’estemporaneità di quell’esperienza dalla complessità di alcune delle pratiche più mature e attuali dell’Arte Pubblica. Se in linea teorica le ragioni di principio che spingevano allora gli artisti a spostare il proprio dominio d’azione dalle gallerie e dai musei allo spazio aperto della polis sono in certa misura le medesime, ciò che appare evidente nella sua criticità è lo scarto metodologico con il presente dovuto a un impoverimento complessivo dello scenario dei contesti. Se si escludono da queste considerazioni le esperienze più convenzionali d’intervento negli spazi aulici dei centri storici, oggi l’artista, spinto dalla propria ricerca o chiamato a lavorare negli spazi di relazione pubblica della città, è investito da un grado di responsabilità molto superiore, gravato di tutte le contraddizioni sociali provocate proprio dall’impoverimento espressivo che caratterizza lo spazio urbano. Urbanistica e Architettura, le discipline madri del disegno del territorio, sembrano pervase da anni da fortissime contraddizioni. Più di altre discipline accusano l’incapacità di entrare, se non marginalmente, nell’arido dibattito culturale del paese con il risultato di non saper offrire alla collettività modelli virtuosi attraverso i quali produrre la Città. Le città contemporanee, in particolare nel nostro paese, con le loro cieche modalità speculative di espansione e di erosione indiscriminata del suolo agricolo, anche nei casi in cui sono investite da processi di trasformazione del tessuto urbano esistente, stentano a produrre ambienti organici a se stessi in continuità con i valori della tradizione e della storia. Lo spazio pubblico, il bene comune delle Città, risulta più spesso un ambiente connotato da un inespressivo e generico catalogo di segni autoreferenziali. Trasformazioni e inserti ex novo diventano lo specchio di una società non progredita capace di rappresentarsi esclusivamente attraverso modelli ambientali e insediativi molto incerti, già profondamente messi in discussione dalla storia. Ambienti scarsamente confortanti, incapaci di affermarsi come nuove centralità proprio per un certo grado di ostilità che non invita ad attraversarli camminando, così gravati da inspiegabili gerarchie di pertinenze chiuse e aperte verso spazi pubblici troppo spesso disegnati esclusivamente intorno alle necessità delle automobili. Rimandando ad altre occasioni di riflessione la trattazione su quali siano le molte ragioni strutturali di governo del territorio che producono questo desolante scenario, rivolgo l’invito a considerare quale sia il prezioso ruolo che può rivestire l’Arte Pubblica in questa particolare congiuntura della storia. E’ necessario e urgente colmare questa insufficiente portata espressiva degli spazi della vita quotidiana, scenario di tutte le contraddizioni della nostra società, con opere che sappiano superare con sensibile intensità il solo ruolo accessorio e convenzionale di abbellimento. E’ necessario da un lato difendere e promuovere il lavoro di artisti che sappiano tematizzare nel profondo le loro opere in relazione con il contesto, dall’altro costruire intorno alla produzione dell’opera un processo di accompagnamento che sappia preparare il terreno dell’ascolto e del dialogo con il pubblico. Guardare al lavoro dell’artista nella sua dimensione processuale di confronto con tutti gli aspetti della vita del suo contesto d’azione. Dare conto, nella percezione del pubblico, che l’operasia anche la risultante di un graduale avvicinamento condiviso delle attese. Interpretare le complessità dei contesti di relazione della vita sociale può essere compito e responsabilità delle pratiche di Arte Pubblica. In gioco c’è molto di più che l’accettazione dell’opera, ciò che di prezioso può realizzarsi è un movimento collettivo delle coscienze, il consolidarsi di una presa d’atto condivisa del senso di appartenenza e responsabilità verso il bene comune rappresentato dallo spazio pubblico, condizioni essenziali intorno alle quali affermare la natura dei principi all’origine di ogni luogo.

*AA. VV. Campo urbano - Interventi estetici nella dimensione collettiva urbana, Editrice Cesare Nani, Como 1969


Maurizio Cilli

Artista

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