venerdì 4 febbraio 2011

Guardando “dentro a le segrete cose”

Sin dal suo nascere, nell’impostazione concettuale oltre che nella cura dedicata a spazi di accoglienza, il gruppo di progetto che anima il Parco Arte Vivente ha predisposto programmi espositivi affiancati indissolubilmente a programmi di attività laboratoriali proposte al pubblico e attuate a vari livelli. L’Art Program del PAV (l’insieme di interventi permanenti e mostre temporanee) è il motore che attiva - all’interno del museo e nel parco verde - i più ampi spazi della riflessione, ricerca, sperimentazione, conoscenza.
Il nucleo della ricerca in atto al PAV, l’arte del vivente, implica un’attenzione speciale allo svolgersi della processualità proposta dalle opere che impiegano tempi naturali di attesa per la trasformazione (crescita, sviluppo, decadenza) dei materiali impiegati. Spesso, ci si confronta con necessità primarie dovute al nutrimento e al benessere assicurato alle piante e, più raramente, agli animali che vengono presi in carico durante il periodo di esposizione. Questo atteggiamento, sintetizzabile nel concetto di “cura”, è altrettanto presente in ciò che attiene alla relazione tra le persone che decidono di fare del PAV un punto di riferimento per i loro desideri di approfondimento. I programmi di laboratorio, le conferenze, le conversazioni, i seminari formano progressivamente una piattaforma permanente, impegnata nella realizzazione di progetti comuni che, possibilmente, infrangano l’abitudine calcificata di separare le età, i generi, le differenze. Proprio a partire dall’arte contemporanea, tale piattaforma può rappresentare il veicolo per possibili trasformazioni individuali e collettive, qualora il pubblico, mosso dal desiderio di approfondire i temi evocati dalle opere, diventi attore del processo culturale in formazione. Il PAV, al fine di rendere possibile perché accessibile questo desiderio, mette in condivisione spazi,  strumenti, materiali e informazioni utili a esperienze di approfondimento in atelier, sede dove potersi esprimere creativamente all’interno di un contesto sociale.
Le Attività Educative e Formative del PAV propongono alle scuole, ai gruppi e agli adulti programmi laboratoriali che declinano in modo partecipativo i temi al centro di Body Nature, mostra che ospita le opere di Marta De Menezes e Dario Neira. L’esposizione, in linea con il tema annuale Il mondo corporale, ossia la relazione esistenziale-esperienziale del corpo-vivente e del suo essere-nel-mondo, propone lavori accomunati, anche formalmente, da un’indagine meticolosa della realtà biologica osservata con i dispositivi contemporanei tecnologici e biotecnologici.
I molti esempi di una corporeità intesa come limite e insieme nucleo generativo adottano i linguaggi utilizzati in campo scientifico per conoscere e sperimentare il corpo nella maniera più segreta e, al tempo stesso, comune a tutti gli organismi viventi. Il corpo attraverso la sua natura organica comunica e parla della matrice dell’esistenza, come delle particolarità espressive delle diverse identità.

De Menezes e Neira mettono a frutto, attraverso i loro dispositivi sensibili ed etico-estetici, ciò che la biologia e la biotecnologia moderne mettono a disposizione dell’industria (apparati biomedicali, farmaci, cosmetici e chirurgia estetica) per scopi commerciali. Con Coltivare Cultura, azione pubblica di workshop che De Menezes conduce per la prima volta in Italia, le colture di batteri (Streptomyces) hanno la funzione di illustrare processi naturali di mutazioni cromatiche, segni tangibili di trasformazione creativa della materia, già a partire dalla microbiologia.
L’attività guarda alle ibridazioni, ambito in cui è possibile trattare le combinazioni di generi diversi o le mutazioni che sistemi naturali possono rivelare attraverso dispositivi tecnologici e biotecnologici. Allo stesso segno appartengono le pratiche di laboratorio che si attuano da diversi anni al PAV con le
sperimentazioni della Biologia creativa. Già dal 2005, Piero Gilardi e la biotecnologa Marika De Acetis hanno creato un format “casalingo”, dove il DNA estratto da vegetali è inserito in un “corpo” di molecole naturali plasmabili (agarosio), caratterizzato da forme e colori di grande impatto estetico. L’attività di laboratorio continua a essere proposta nei programmi del Centro sperimentale d’arte contemporanea con il supporto scientifico di Beatrice Mautino e la collaborazione della Fondazione per le Biotecnologie di Torino.

Su un piano più esteriore opera TATTOO, laboratorio a cura delle Attività Educative e Formative del PAV, che mette in evidenza analogie fra i segni naturali e gli stilemi tipici della tradizione del tatuaggio. TATTOO parte dalla selezione di segni presenti in natura, come le minuscole nervature presenti nei vegetali, e arriva fino alle linee della nostra pelle, osservandone le analogie, le simmetrie e i tratti caratteristici.
In natura, nel mondo animale soprattutto, vale un duplice criterio: da una parte la necessità di esprimere la propria identità attraverso l’esibizione di caratteri personali, dall’altra quella di ricorrere alla mimesi. Questo accade agli uccelli che sventagliano piumaggi colorati per essere più attraenti e ai pachidermi che si ricoprono di fango per rendere meno sensibile la loro pelle agli agenti atmosferici.
Le molte suggestioni descritte, l’osservazione dei segni del proprio corpo e, prima ancora, dei segni presenti nella natura offrono lo spunto per fissare su supporti cartacei i motivi della tradizione del tatuaggio: esempio di come si tenda, naturalmente e storicamente, a esprimersi proprio a partire dall’epidermide. La pelle è un confine ma, essendo anche luogo di transito tra sé e il mondo circostante, irradia una continua proiezione di nuovi confini. Si tratta di linee invisibili di cui non conosciamo alcuna misura predefinita e che non hanno un limite. L’uomo non ha un corpo e non è un corpo, bensì vive il suo corpo-vivente, sostiene Martin Heidegger in Corpo e Spazio, cogliendo in questo processo il dinamismo del continuo divenire. In questo stato d’essere-perennemente-aperto, una possibile metodologia di laboratorio può indicare come esplorare le proprie percezioni, come
interpretarle trovando utili soluzioni formali e, in ultima analisi, come esprimere una personale eso-interpretazione del contesto.


Marta De Menezes, Proteic portrait, 2003/2007




Orietta Brombin
Artista, responsabile delle Attività Educative e
Formative, PAV

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