La realtà pulsante e viva del PAV si nutre in continuazione di stimoli esterni e, anche in occasione del lancio di questa nuova esperienza, ha fatto in modo che due persone non specialiste potessero contribuire con uno sguardo diverso alla definizione di spunti di riflessione e, ci auguriamo, di un progetto che coinvolga i lettori.
Non siamo esperti del rapporto tra arte e scienza né tantomeno paesaggisti o professionisti dei settori di competenza di chi lavora o espone al PAV. Siamo soprattutto spettatori di questo che è in primo luogo uno spazio fisico carico di senso, un collettore di saperi e interpretazioni, di sineddochi di natura. E ci occupiamo di quel mondo spesso fumoso che è il testo, con uno spirito contrario alla chiusura specialistica nei confronti di lembi di sapere che non ci competono o su cui non abbiamo diritti padronali da accampare.
L’arte oggi ci appare sempre meno fedele alla concezione di campus di Bourdieu, assumendo piuttosto sempre più di frequente le forme di un insieme corpuscolare programmaticamente disomogeneo, inevitabilmente plurale e naturalmente carico di spinte ibridanti. Perciò in costante espansione: verso l’esterno, verso linguaggi periferici, linguaggi altri e, a prima vista, territori semantici lontani da una superficiale concezione pop e tardo/post-romantica della sfera artistica, come quelli dell’hi-tech, della biologia, dei corpi materiali. E verso l’interno, perciò verso la sua stessa struttura drammatica e narrativa. Se immaginiamo il processo della produzione artistica e degli attori in gioco (artisti, curatori, committenti, pubblico, media) come altrettanti elementi narratologici, allora notiamo come tale ibridazione si rivolge anche agli stessi elementi costitutivi del mondo dell’arte, andando a lavorare sui rapporti e legami reciproci, mettendoli in crisi fino a sovvertirli, ribaltandoli e creando così nuovi link, inediti panorami. A ciò non fa eccezione il classico percorso lineare che portava all’opera d’arte come compimento ultimo e restituzione formale di un processo che in essa riversava ogni valore. Tale processo ha assunto però con il tempo un doppio senso di marcia e sono già diversi i movimenti e le correnti artistiche che hanno capovolto i termini, la causa e l’effetto, riconoscendo il processo come vettore di valore in sé, indipendentemente dal risultato formale a cui porta. Così, l’ibridazione degli inneschi artistici ha contaminato anche i rapporti con i fruitori, con il pubblico, individuando nelle
relazioni tra artisti e fruitori un ulteriore elemento di valore autonomo, fino a far perdere di senso e importanza la stessa distinzione dicotomica tra i due ruoli. A titolo esemplificativo, si può considerare l’arte relazionale, in cui si sono condensate tali spinte ibridanti e sovversive, come una valida sineddoche.
Senza addentrarci nei meandri e negli interstizi specialistici che non ci riguardano, in questa sede, basti ricordare qui che per arte relazionale, così come figurata dal suo teorico Nicolas Bourriaud, si intende un’esperienza artistica che guarda alle interrelazioni umane e al contesto sociale in cui si svolgono, obbediente perciò a un’estetica relazionale, e in ciò carica altresì di valenze sociali e politiche. Rispetto a essa, siamo rimasti incuriositi in particolare da una cifra stilistica del Gruppo T, tra i padri nobili presenti nel suo album di famiglia. Il Gruppo T scriveva accanto alle proprie opere in mostra «Si prega di toccare», invitando esplicitamente il visitatore a un intervento diretto. Da questa base, includendo tra quei linguaggi marginali, ai quali l’arte si sta via via federando sempre più strettamente, anche la scrittura, territorio abituale nostro di caccia, vorremmo innescare la curiosità del non addetto ai lavori verso questi territori frontalieri. A nostro avviso non si tratta di una forzatura, visto che la tentazione della scientificità e le suggestioni provenienti dalle scienze della vita hanno investito – oltre che l’arte – sia la letteratura sia l’analisi del linguaggio umano nel corso di secoli, dalla concezione aristotelica della léxis come “corpo vivo” fino alle più note tentazioni novecentesche della scrittura combinatoria, dei lipogrammi, dell’ipertesto. Basti pensare all’opera di Queneau, Cent mille milliards de poèmes (1961), che consiste in dieci sonetti costituiti dagli stessi versi che, in base a un algoritmo combinatorio, permettono la produzione di miliardi di poesie potenziali. Perciò, per traslazione rispetto al Gruppo T, invitiamo il lettore a partecipare alla creazionee condivisione di senso. Quindi, lettore:
“si prega di scrivere”. In questo modo, la possibilità stessa, colta o meno, della scrittura, tradurrà nello spazio bianco uno dei valori propri dell’arte relazionale, e rappresenterà il rinnovato rapporto tra processo, opera e fruitore. In altre parole, un vero e proprio bando di scrittura, lanciato da questo supporto cartaceo e coglibile, transmedialmente, attraverso la piattaforma web PAVzine (http://pavzine.blogspot.com), nell’apposita sezione omonima CONTAMINAZIONI, che raccoglierà successivamente anche una selezione dei migliori contributi e farà da volano per ulteriori rilanci. Qui, a breve, il lettore curioso o distratto, occasionale o assiduo, metodico o inesperto, troverà tutte le informazioni per partecipare all’opera.
Anzi, al processo.
Non siamo esperti del rapporto tra arte e scienza né tantomeno paesaggisti o professionisti dei settori di competenza di chi lavora o espone al PAV. Siamo soprattutto spettatori di questo che è in primo luogo uno spazio fisico carico di senso, un collettore di saperi e interpretazioni, di sineddochi di natura. E ci occupiamo di quel mondo spesso fumoso che è il testo, con uno spirito contrario alla chiusura specialistica nei confronti di lembi di sapere che non ci competono o su cui non abbiamo diritti padronali da accampare.
L’arte oggi ci appare sempre meno fedele alla concezione di campus di Bourdieu, assumendo piuttosto sempre più di frequente le forme di un insieme corpuscolare programmaticamente disomogeneo, inevitabilmente plurale e naturalmente carico di spinte ibridanti. Perciò in costante espansione: verso l’esterno, verso linguaggi periferici, linguaggi altri e, a prima vista, territori semantici lontani da una superficiale concezione pop e tardo/post-romantica della sfera artistica, come quelli dell’hi-tech, della biologia, dei corpi materiali. E verso l’interno, perciò verso la sua stessa struttura drammatica e narrativa. Se immaginiamo il processo della produzione artistica e degli attori in gioco (artisti, curatori, committenti, pubblico, media) come altrettanti elementi narratologici, allora notiamo come tale ibridazione si rivolge anche agli stessi elementi costitutivi del mondo dell’arte, andando a lavorare sui rapporti e legami reciproci, mettendoli in crisi fino a sovvertirli, ribaltandoli e creando così nuovi link, inediti panorami. A ciò non fa eccezione il classico percorso lineare che portava all’opera d’arte come compimento ultimo e restituzione formale di un processo che in essa riversava ogni valore. Tale processo ha assunto però con il tempo un doppio senso di marcia e sono già diversi i movimenti e le correnti artistiche che hanno capovolto i termini, la causa e l’effetto, riconoscendo il processo come vettore di valore in sé, indipendentemente dal risultato formale a cui porta. Così, l’ibridazione degli inneschi artistici ha contaminato anche i rapporti con i fruitori, con il pubblico, individuando nelle
relazioni tra artisti e fruitori un ulteriore elemento di valore autonomo, fino a far perdere di senso e importanza la stessa distinzione dicotomica tra i due ruoli. A titolo esemplificativo, si può considerare l’arte relazionale, in cui si sono condensate tali spinte ibridanti e sovversive, come una valida sineddoche.
Senza addentrarci nei meandri e negli interstizi specialistici che non ci riguardano, in questa sede, basti ricordare qui che per arte relazionale, così come figurata dal suo teorico Nicolas Bourriaud, si intende un’esperienza artistica che guarda alle interrelazioni umane e al contesto sociale in cui si svolgono, obbediente perciò a un’estetica relazionale, e in ciò carica altresì di valenze sociali e politiche. Rispetto a essa, siamo rimasti incuriositi in particolare da una cifra stilistica del Gruppo T, tra i padri nobili presenti nel suo album di famiglia. Il Gruppo T scriveva accanto alle proprie opere in mostra «Si prega di toccare», invitando esplicitamente il visitatore a un intervento diretto. Da questa base, includendo tra quei linguaggi marginali, ai quali l’arte si sta via via federando sempre più strettamente, anche la scrittura, territorio abituale nostro di caccia, vorremmo innescare la curiosità del non addetto ai lavori verso questi territori frontalieri. A nostro avviso non si tratta di una forzatura, visto che la tentazione della scientificità e le suggestioni provenienti dalle scienze della vita hanno investito – oltre che l’arte – sia la letteratura sia l’analisi del linguaggio umano nel corso di secoli, dalla concezione aristotelica della léxis come “corpo vivo” fino alle più note tentazioni novecentesche della scrittura combinatoria, dei lipogrammi, dell’ipertesto. Basti pensare all’opera di Queneau, Cent mille milliards de poèmes (1961), che consiste in dieci sonetti costituiti dagli stessi versi che, in base a un algoritmo combinatorio, permettono la produzione di miliardi di poesie potenziali. Perciò, per traslazione rispetto al Gruppo T, invitiamo il lettore a partecipare alla creazionee condivisione di senso. Quindi, lettore:
“si prega di scrivere”. In questo modo, la possibilità stessa, colta o meno, della scrittura, tradurrà nello spazio bianco uno dei valori propri dell’arte relazionale, e rappresenterà il rinnovato rapporto tra processo, opera e fruitore. In altre parole, un vero e proprio bando di scrittura, lanciato da questo supporto cartaceo e coglibile, transmedialmente, attraverso la piattaforma web PAVzine (http://pavzine.blogspot.com), nell’apposita sezione omonima CONTAMINAZIONI, che raccoglierà successivamente anche una selezione dei migliori contributi e farà da volano per ulteriori rilanci. Qui, a breve, il lettore curioso o distratto, occasionale o assiduo, metodico o inesperto, troverà tutte le informazioni per partecipare all’opera.
Anzi, al processo.
![]() |
Dario Neira, LIFE, oh life, 2005 |
Marco Magnone e Piernicola D’Ortona
Studio editoriale Pangramma, Torino
(http://www.pangramma.it/)
LE STAGIONI
RispondiElimina“Si prega di scrivere”
È un bando di scrittura indetto dal PAV per coinvolgere il proprio pubblico abituale e invitare nuovi ospiti a un confronto su temi e spunti di riflessione “laterali” all’Art Program 2011.
Come?
Attraverso la scrittura di un racconto, a tema, in quattro parti. Ogni parte non dovrà superare le 1000 battute, spazi compresi, e dovrà poter essere letta sia autonomamente sia in rapporto alle altre tre. Di conseguenza, si avrà una narrazione a due livelli: il primo, risultante dalla lettura di quattro nuclei narrativi indipendenti; il secondo, dalla correlazione tra le singole parti. Importante sarà il passaggio tra ogni singolo nucleo narrativo, preso per se stesso, e la sua interpretazione “in relazione” agli altri, che andrà ad arricchirlo, modificarlo, variarlo, secondo le modalità più diverse.
Su quale tema?
Le stagioni: quattro elementi narrativi di per sé, vettori in cui trovano equilibrio il tempo e lo spazio, propaggini immateriali del mondo materiale in cui siamo immersi. Inoltre, le stagioni come tessuto connettivo tra mondo e uomo: le stagioni dell’anno e quelle di una vita. In mezzo, il ciclo biologico dei viventi e non. Infine, le stagioni come elementi per definizione ordinatori di piani temporali, ma non ordinabili a priori, autonome ma fortemente interconnesse l’una con l’altra.
Perché?
La realtà pulsante e viva del PAV si nutre in continuazione di stimoli esterni. L’arte, d’altra parte, appare sempre meno fedele alla concezione di campus di Bourdieu, assumendo sempre più di frequente le forme di un insieme corpuscolare programmaticamente disomogeneo, inevitabilmente plurale e naturalmente carico di spinte ibridanti. Perciò in costante espansione: verso l’esterno, verso linguaggi altri, come la scrittura, e verso l’interno, perciò verso la sua stessa struttura narrativa. Se immaginiamo infatti il processo della produzione artistica e degli attori in gioco (artisti, curatori, committenti, pubblico, media) come altrettanti elementi narratologici, allora notiamo come tale ibridazione influisca sui rapporti reciproci, mettendoli in crisi fino a sovvertirli, ribaltarli, per creare così nuovi link, panorami inediti. Prendiamo l’arte relazionale, in cui si sono condensate tali spinte ibridanti e sovversive, come una valida sineddoche. E in particolare il Gruppo T, che scriveva accanto alle proprie opere in mostra «Si prega di toccare», invitando esplicitamente il visitatore a un intervento diretto. Da questa base, vogliamo innescare la curiosità del non addetto ai lavori verso questi territori frontalieri. Perciò, per traslazione rispetto al Gruppo T, invitiamo il lettore a partecipare alla creazione e condivisione di senso, cimentandosi sull testo scritto. Quindi, lettore: "si prega di scrivere". In altre parole, un vero e proprio bando di scrittura, in cui, per restare fedeli a quanto detto, l’importante non è vincere, ma partecipare al processo!
I dettagli del regolamento saranno pubblicati nei prossimi giorni.